Uomo

Uomo

28 settembre 2014

PENOMBRE























Mi sono seduto ed ho preso un quaderno vuoto e bianco, di quelli che si usavano solo dalla quinta elementare di una volta, con il rigo fatto di una sola linea orizzontale sulla quale puoi scrivere ciò che hai bisogno di scrivere e senza alzarmi per raggiungere il cassetto dove sono tutte le penne, mi sono allungato fino a prenderne una, mi succede quando ho la sensazione che la storia della mia vita debba diventare trasparente, che debba attraversarla, che debba essere possibile guardarla come distaccandomi da lei, da un punto solitario e nascosto di osservazione. 
Spinto dall'atmosfera creata dalla penombra di una lampada accesa e tutt'intorno buio, faccio i soliti disegni ombrati che mi diverto a creare per aver imparato a scrivere in corsivo elegante sin da quando ero solo un ragazzo, essendo stato in una oreficeria durante le vacanze estive, dove con il bulino o il pantografo si incideva sull'oro e sulle lastre d'argento per rendere indelebile il ricordo di un momento importante, poi col tempo ho scoperto che molti di quei momenti che si volevano fissare sul metallo e nella memoria erano diventati storie tristi e dimenticate dal tempo e dai loro attori senza che nessuno vi facesse più attenzione, senza che importasse più a nessuno. 
Ma non è così per tutti, almeno credo, almeno spero che non tutti abbiano abbandonato sé stessi all'oblio del nulla guardando al futuro senza risolvere ciò che lo determina e lo rende migliore. 
Scelgo una pagina di quel quaderno prendendola fra le dita come a misurarne lo spessore, è compatto nonostante la sua sottigliezza e solo con la prova di un soffio vibra come la corda di un violino quando è sfiorata dai fili di crine cerati dell'archetto mentre produce un suono distinto che lo diventa sempre di più quanto decisa e abile è la mano che lo spinge e lo ritrae.
I suoni da ascoltare da quel foglio sono storie e ricordi narrati dall'anima dove questi sono stati depositati dal tempo e dove sono diventati umus per la nascita di una visione migliorata dalle ferite del passato di cui quell'umus stesso ne era intriso, alla fine il suono solitario e malinconico di una melodia composta sulle corde di quel violino non è poi così diverso da quello di un foglio vivificato dalle parole.